UN MEDICO... UN UOMO
l’uno Senza l'Altro non ha Senso
Tutto nasce da un legame familiare, da un vissuto che ho respirato in casa, da sempre. Mio padre pediatra, mio zio anestesista. Quasi un obbligo proseguire tra camici bianchi e visite mediche. Così dopo il liceo in Calabria, un liceo tutto sommato sereno, condito dallo sport – in particolare tennis e karate, due discipline che in fondo si somigliano – mi trasferisco a Perugia, facoltà di medicina. Inizia l’iter universitario. Anni di studio per la laurea, anni di studio per la specializzazione in anestesia. In totale 12, di cui l’ultimo passato all’estero.
Poi finalmente il primo incarico. Ospedale San Giovanni Calibita Fatebenefratelli di Roma, all’Isola Tiberina, in anestesia ostetrica. Ho tutto da imparare e per fortuna incontro il dottor Danilo Celleno, primario, direttore di UOC di Anestesia e Rianimazione e allo stesso tempo direttore del Dipartimento Emergenza e Accettazione, insomma il pronto soccorso, la prima linea di ogni ospedale.
Qui comincio a farmi le ossa, e scopro che ho due vantaggi di cui ancora non mi ero reso conto: ottima manualità e ossessione per la precisione. La mia conoscenza dell’anestesia si arricchisce ogni giorno, la pratica in sala operatoria è tanta, e ogni giorno è utile per imparare una cosa nuova. Allo stesso tempo ho modo di approfondire diversi aspetti sulla rianimazione, disciplina che mi affascina sempre di più.
Dal Fatebenefratelli, l’ospedale sorto sulle fondamenta del tempio dedicato a Asclepio, il dio della Salute, mi sposto all’Ospedale San Pietro, sempre gestito dai Fatebenefratelli. Il mio incarico di anestesista si svolge tra due reparti: Ostetricia e Ortopedia.
È qui che scocca la scintilla che cambia il mio modo di essere medico.
Per una serie fortuita di eventi il primario di XXXXXX, il dottor XXXXXXX, mi chiede di occuparmi di Terapia del Dolore. Una materia quasi sconosciuta in quel momento, siamo nel 2012, trattata in modo pioneristico nel migliore dei casi.
Accetto la sfida e torno a studiare. Entro nella materia, inizio a frequentare molti corsi per accelerare il mio percorso di apprendimento. Sono mesi intensi, mi divido tra Innsbruck, Londra, giro per ospedali, imparo tecniche nuove, invasive ma necessarie. Capisco quanto sia fondamentale lo strumento dell’ecografo, che fino a allora era del tutto ignorato, per capire cosa generi il dolore. Nell’attività ambulatoriale questo strumento diventa il mio fido compagno, ogni giorno.
La terapia del dolore diventa per me una missione. Mi rendo conto che la cura non può mai essere la soluzione unica. A volte i tempi di guarigione sono estremamente lunghi, a volte non esiste proprio remissione della malattia. Ma il dolore c’è, rimane, consuma la resistenza di chi è in terapia. E io sono quello che può toglierlo. O almeno renderlo sopportabile.
Il percorso di specializzazione sulla terapia del dolore è iniziato nel 2012, e non si è mai più fermato.
Oggi alterno la pratica in ospedale con quella esterna. E anche in ospedale mi divido tra terapia antalgica in ambulatorio, con visite, trattamenti e infiltrazioni e presenza in sala operatoria.
In più porto la mia esperienza agli altri medici, come relatore ai congressi, perché sono convinto che la cosa più importante per chi è in cerca di formazione sia poter imparare dagli altri, così come ho fatto e continuo a fare io, frequentando specialisti in varie discipline.
Alla pratica della terapia antalgica ho sovrapposto, durante i due anni di pandemia che hanno intensamente assorbito molti reparti ospedalieri, la rianimazione, mio primo amore.
Nell’Ospedale dove sono tutt’ora in servizio, in quel periodo così complesso ho creato un team multi-specialistico che ha potuto lavorare e salvare vite con un impegno costante, sia dal punto di vista fisico che emotivo. Una battaglia quotidiana che mi ha appagato tantissimo, permettendomi di fare il rianimatore e di mettere a frutto ogni conoscenza medica e ogni abilità manuale come mai prima di allora.
La Mia Missione & Visione
Oggi sono un medico che ha una missione precisa e una visione molto chiara del futuro, anche come sviluppo della terapia del dolore.
La mia missione è ampliare il bagaglio di conoscenze e esperienze nel campo della Terapia del dolore per poter rispondere alla richiesta di benessere dei malati.
La mia vision è portare la terapia antalgica verso un nuovo traguardo, costruendo un approccio totalmente nuovo. La contemporanea conoscenza di più specializzazioni, per esempio quella di rianimatore, che mi ha consentito di avere uno sguardo olistico sul malato, la possibilità di sfruttare la diagnostica per immagini in modo sempre più puntuale, ma anche altre diagnostiche avanzate, come le neuroimmagini, in grado di permettere di capire a fondo l’interazione tra dolore e sistema nervoso, il coinvolgimento di un team di medici con specializzazioni diverse costantemente in collegamento tra loro per approfondire ogni singolo caso e personalizzare al massimo la terapia.
La relazione umana con i colleghi e la capacità di interagire empaticamente con i pazienti è un tratto distintivo di me che ho saputo coltivare e trasformare in azione.
Il risultato è una posizione proattiva in tutte le situazioni, che sia un lavoro di team o una anamnesi in cui anche il più piccolo sintomo conta, e poter ottenere le informazioni dal paziente non è solo un fatto di domande e risposte, ma di fiducia e di abbassamento delle difese.
Solo in questo modo ho potuto capire certe situazioni in cui l’origine del dolore sfuggiva a qualsiasi indagine. Posso dire, con una iperbole, che il dialogo mi permette di vedere il paziente dal di dentro, quasi più che con uno strumento invasivo.
Cosa sono io, quando non faccio il medico: sono un padre di due figli, Pietro e Virginia, che per contratto dovrei definire splendidi, ma non amo i luoghi comuni.
Sono un runner, sempre più devoto alla causa dei tempi e dei chilometri, ma senza esagerare.
Sono un viaggiatore, quando posso mettere insieme abbastanza giorni da dedicare a questa attività, che è sempre di scoperta e non solo di svago. Sono un curioso. E amo l’azione.